Mercoledì delle Ceneri 2023 – Sermone di Padre Levine
Fr. Giuseppe Levine; Chiesa cattolica della Sacra Famiglia, Burns, Oregon; 2 marzo 2022
Ora è il momento accettabile; ora è il giorno della salvezza. Ora, oggi, in questo momento, Dio ci offre la sua grazia e la sua misericordia. È la grazia di riconciliarsi con Dio; è la grazia del pentimento del peccato; è la grazia del perdono donata nel sacramento della penitenza; è la grazia che ci apre alla grazia della giustificazione, alla grazia santificante, alla crescita nella grazia, affinché possiamo diventare giustizia di Dio in Cristo.
Colui che era ricco si è fatto povero per noi, affinché noi potessimo diventare ricchi mediante la sua povertà. (cfr 2 Cor 8,9) La vera ricchezza di Gesù Cristo è la sua vita e natura divina; la povertà che ci ha toltoè la nostra natura umana; mediante la sua sacra umanità, inchiodata alla Croce, egli ha riversato su di noila ricchezza della sua vita e natura divina, chiamata all’inizio «grazia della giustificazione» e nellasua stabile realtà «grazia santificante», la grazia che ci rende essere veramente figli di Dio. (1 Gv3,1) Questa è l’opera dello Spirito Santo in noi, per mezzo della quale Egli abita in noi come in un tempio. (cfr 1Cor 6,19) Insieme al dono dello Spirito Santo e al dono della grazia santificante, Gesù Cristo,ci dona nei cieli ogni benedizione spirituale, perché possiamo crescere nella santità e viverecome figli di Dio . (Cfr. Ef 1,3) Tutto questo è in noi l’inizio della vita eterna. Già ci dà inquesto mondo il gusto di una gioia incomparabile. Eppure la gioia della grazia in questa vita non è altro cheun’eco lontana della gloria della visione di Dio.
Tutto questo inizia con il pentimento e, per chi è già battezzato, si rinnova attraverso la confessione. Nelle parole sia di San Giovanni Battista che di Gesù: Pentitevi, perché il regno dei cieli è vicino. (Mt 3,2; 4,17)
Domenica scorsa ho parlato dei requisiti fondamentali della confessione: contrizione, scopo di emendamento e confessione effettiva dei peccati al sacerdote. Ho parlato anche del necessario preludio alla confessione, dell’esame di coscienza. Non ho parlato però del seguito, della penitenza assegnata.
Cos’è la penitenza? La penitenza è ciò che facciamo per riparare a Dio il danno causato dal nostro peccato. Qui possiamo pensare alla donna peccatrice che lavò i piedi di Gesù con le sue lacrime. Le era già stato perdonato molto, perché già amava molto. Le sue lacrime erano un’opera di amore penitenziale. (cfr Lc 7,36-50)
Anche nelle vicende umane non basta chiedere scusa ed essere perdonati, bisogna cercare di riparare ciò che si è fatto; devi cercare di riparare il danno che hai fatto agli altri; devi pagare per la finestra rotta, per così dire.
La parola “penitenza” deriva dalla parola latina per “punizione”, che suggerisce qualcosa che ci viene imposto; può anche essere chiamato “espiazione” o “espiazione”, che si concentra piuttosto su ciò che intraprendiamo volontariamente e almeno accettiamo. La penitenza deve essere liberamente accettata, l’ espiazione liberamente intrapresa, entrambe devono essere fatte offerta a Dio per mezzo del Sangue di Cristo, fonte di ogni merito davanti a Lui.
San Giovanni ci dice che il sangue di Gesù… ci purifica da ogni peccato. (1 Gv 1:7) I protestanti interpretano erroneamente questo passaggio per implicare che non abbiamo bisogno di fare penitenza e questa distorsione velenosa è entrata nella mentalità dei cattolici. San Giovanni scrive a coloro che sono già battezzati; il sangue di Gesù ci purifica attraverso le nostre opere di penitenza.
Attraverso la sua morte sulla Croce, Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, compensò tutti i peccati che siano mai stati commessi o che mai saranno commessi. Ha offerto un’espiazione o soddisfazione piena e completa al Padre suo per i nostri peccati. Quando siamo stati battezzati, sia da bambini che da adulti, non solo siamo stati liberati, mediante il Sangue di Cristo, da ogni peso di peccato, ma siamo stati anche liberati da ogni obbligo di riparare i peccati passati, di fare penitenza per i nostri peccati passati. peccati, per offrire soddisfazione.
Un altro modo di parlare di ciò è che il debito del peccato originale è la perdita del cielo; il debito del peccato mortale è dannazione eterna o sofferenza eterna; il debito di ogni peccato è la sofferenza presente o la punizione temporale. Il battesimo libera l’anima sia dai castighi eterni che da quelli temporali. È una cosa che avviene una volta sola.
Ahimè, dopo il battesimo continuiamo a commettere peccati, almeno veniali. Mediante il sacramento della penitenza siamo nuovamente liberati dal debito della pena eterna, ma l’assoluzione non ci libera dal debito della pena temporale, dall’obbligo di fare penitenza, di riparare i nostri peccati, soprattutto di riparare negligenza e ingratitudine che abbiamo dimostrato per il dono inestimabile della grazia di Dio già donatoci nel nostro battesimo. La penitenza assegnata ci fa iniziare, ma di solito non basta, bisogna praticarla da soli.
La tipica penitenza data in confessione sono alcune preghiere. La preghiera come penitenza ci ricorda che innanzitutto il peccato offende Dio e nuoce al nostro rapporto con Lui e che quindi quel rapporto deve essere ristabilito attraverso la preghiera, che è al centro del nostro rapporto con Dio.
Tutte le opere della penitenza sono riassunte sotto i titoli menzionati nel vangelo di oggi: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Più in generale potremmo parlare di “opere di misericordia”, di preghiera e di opere di abnegazione. Le opere di misericordia riguardano il nostro rapporto con gli altri; le opere della preghiera direttamente sul nostro rapporto con Dio; le opere di abnegazione ci aiutano ad acquisire padronanza su noi stessi.
Dovremmo praticare la penitenza in ogni momento, ma soprattutto nel tempo della Quaresima, quando ci viene data una grazia speciale di intraprendere opere di penitenza, per noi stessi e per il bene degli altri. Infatti, in unione al Sangue di Cristo, possiamo offrire soddisfazione a Dio anche per i peccati degli altri. Lo spirito di penitenza è estremamente necessario ai nostri giorni, un tempo in cui tutti vogliono incolpare gli altri, ma pochi vogliono assumersi la responsabilità.
Giobbe era solito offrire sacrifici nel caso in cui i suoi figli avessero peccato. (cfr Gb 1,5) Ho sentito una volta di un padre di famiglia che ogni volta che nasceva un figlio rinunciava, per il resto della vita, a qualche piccolo piacere, come offerta a Dio, per amore del figlio.
Penso che un luogo in cui la pratica della penitenza abbia davvero bisogno di essere scoperta è quando le persone lottano con i sensi di colpa per i peccati già perdonati nel confessionale. A causa del continuo senso di colpa si chiedono se i loro peccati siano stati veramente perdonati. Forse il problema è altrove: non è che i peccati non siano stati perdonati, ma che non siano stati ancora del tutto espiati. Il senso di colpa può essere una chiamata di Dio a praticare la penitenza.
Quando intraprendiamo opere di penitenza, siano esse opere di misericordia, preghiere o abnegazione, dovremmo impegnarci, ci dovrebbe essere qualche difficoltà, ma allo stesso tempo non dobbiamo esagerare. In questa materia è importante farsi guidare da un prudente confessore o direttore spirituale.
Infine, dobbiamo prestare attenzione alle parole di nostro Signore nel vangelo di oggi: Guardatevi dal compiere le vostre opere giuste affinché la gente le veda . La pratica della penitenza incide sul nostro rapporto con Dio; non è una trovata di pubbliche relazioni per recuperare un fiasco da parte nostra. Il nostro rapporto con Dio si vive nel santuario segreto del nostro cuore dove il Padre vede nel segreto.
È difficile raggiungere quel posto speciale nel nostro cuore; la penitenza è la strada per arrivarci. Una volta che saremo lì, una volta che impareremo a vivere alla presenza del nostro Padre celeste, allora impareremo cosa è veramente importante nella vita; poi le nostre priorità verranno stabilite in ordine.
Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, poi tutte queste cose saranno anche vostre. (Mt 6,33)