IV Domenica di Quaresima 2023 – Sermone di Padre Levine

Fr. Giuseppe Levine; Chiesa cattolica della Sacra Famiglia, Burns, Oregon e Missioni; 27 marzo 2022

Abbiamo ascoltato uno dei brani evangelici più commoventi e conosciuti di tutti i tempi. Tradizionalmente viene chiamata la “parabola del figliol prodigo”, ma più recentemente è stata chiamata la “parabola del padre misericordioso”. Cos’è questo? Direi che entrambi i titoli sono adatti.

Abbiamo sentito questa parabola così tante volte che la ripetizione potrebbe averla fatta diventare stantia alle nostre orecchie. Infatti, quando reagiamo solo a livello emotivo, difficilmente possiamo aspettarci di mantenere l’intensità, ma quando l’emozione ci porta alla comprensione, la parabola diventa una porta che ci conduce oltre il mero sentimento, verso la realtà della misericordia di Dio. Si passa così anche da un’emozione passeggera alla gioia solida e duratura che è la promessa di questa gioiosa domenica di Quaresima, scandita dai paramenti rosati.

Per comprendere di nuovo la parabola, affrontiamola dal punto di vista della seconda lettura di oggi. Abbiamo sentito un’affermazione forte: Dio stava riconciliando a sé il mondo in Cristo. Nello stesso tempo abbiamo ricevuto un comando categorico: Vi supplichiamo in nome di Cristo, riconciliatevi con Dio.

Nell’affermazione Dio è attivo, Dio riconcilia a sé il mondo, e potrebbe sembrare che non ci sia nulla da fare per noi. Poi, però, ci viene comandato di riconciliarci con Dio: dobbiamo fare qualcosa.

Notiamo innanzitutto, però, che in entrambi i casi è la riconciliazione con Dio ad essere in questione. Questo è fondamentale.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci dice che nel giardino dell’Eden l’uomo è stato stabilito nell’amicizia con Dio Creatore, e a motivo di quel giusto ordine di quel rapporto fondamentale possedeva anche un’armonia interiore nella propria persona, armonia tra l’uomo e donna e armonia con tutta la creazione. (cfr CCC 374, 376). Quando l’amicizia con il Creatore, e con essa il dono di santificare la razza, andò perduta per la disobbedienza di Adamo, andarono perdute anche le altre armonie; tutta la creazione cadde nel disordine. (cfr CCC 400) La riconciliazione e il ripristino dell’ordine nella creazione sono possibili solo quando si fondano sulla riconciliazione con Dio; la pace, sia a livello individuale che sociale, è possibile solo quando viene ristabilita la pace con Dio.

Tuttavia, era impossibile per l’uomo, da solo, fare pace con Dio se prima Dio non si fosse adoperato per riconciliarci con sé stesso. Lo ha fatto mandando suo Figlio, Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria, a riparare i nostri peccati offrendo la propria vita come sacrificio espiatorio sulla Croce. Là Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, una volta per tutte. (cfr Eb 10,10) Non possiamo riconciliarci con Dio alle nostre condizioni, ma solo alle Sue condizioni.

Questa riconciliazione oggettiva è rappresentata in due parabole che precedono immediatamente quella del figliol prodigo. Queste sono la parabola della pecora smarrita e la parabola della moneta perduta. (cfr Lc 15,1-10) Il pastore va alla ricerca dell’unica pecora smarrita e la restituisce a tutto il gregge. La donna perquisisce la casa alla ricerca dell’unica moneta smarrita. In entrambi i casi c’è più gioia in cielo per il peccatore che si pente. Questo tema verrà continuato e sviluppato nella parabola del figliol prodigo, ma tenete presente che nelle parabole precedenti né la pecora né la moneta fanno nulla per perdersi o per essere ritrovate. Tutta l’iniziativa e l’azione sono da parte di Dio.

Questa è la verità primaria che dobbiamo sempre tenere presente. Nelle parole dello stesso nostro Signore: non sei stato tu a scegliere me, ma io ho scelto te. (Gv 15,16) L’azione di Dio e la grazia di Dio sempre ci precedono, preparando la strada, risvegliandoci, e anche ci accompagna sostenendoci nel cammino. Senza di lui non possiamo fare nulla. (cfr Gv 15,5) Ciò è vero in assoluto, ma è vero soprattutto nell’ordine soprannaturale, nell’ordine della grazia; è soprattutto vero che non possiamo fare nulla, non fare alcun passo che conduca alla vita eterna, senza l’aiuto della sua grazia.

Questa è la verità oggettiva, ma viviamo in una cultura estremamente soggettiva che mette al primo posto l’importanza di ciò che “penso” e forse ancor più di ciò che “sento”. Se mi sento riconciliato con Dio, allora lo sono; Se mi sento in pace, allora lo sono.

Riconciliatevi con Dio. Poiché la riconciliazione con Dio non dipende dal mio sentimento soggettivo ma dipende dall’ordine oggettivo che Egli ha stabilito; la mia riconciliazione personale dipende dalla mia conformità a quell’ordine. Anche per questo non mi basta confessare i miei peccati a Dio in privato, ma devo confessare i miei peccati al sacerdote, al quale egli ha affidato il ministero della riconciliazione, che ha costituito suoi ambasciatori, avvalendosi di poi il mezzo di riconciliazione che ha stabilito.

Riconciliatevi con Dio. Ciò richiede la nostra cooperazione con la grazia di Dio. Questo ci conduce ora alla parabola del figliol prodigo.

In primo luogo, il figliol prodigo ha colpa se si è allontanato dalla casa paterna. Richiedendo la sua eredità, oltre ad essere figlio nella casa paterna, insulta suo padre e in effetti gli dice: “Tu sei un ostacolo per me; Vorrei che tu fossi morto per poter ricevere la mia eredità”. Questo è il modo in cui Adamo originariamente si allontanò da Dio ed è così che ogni peccatore si allontana da Dio. Questa è infatti la strada del soggettivismo moderno che non vuole più conformarsi all’ordine oggettivo stabilito da Dio ma vuole diventare la misura del giusto e dell’ingiusto, del bene e del male. Se è “giusto per me”, allora è giusto. Questo è l’insegnamento del serpente antico: sarete come dei, conoscendo il bene e il male. (Gen 3,5)

Qualunque sia il peccato con il quale ci allontaniamo dalla casa del nostro Padre celeste, non diamo valore al dono di essere figli nella casa del Padre, cerchiamo la nostra felicità lontano da Dio e finiamo in una estrema povertà di cuore, desiderosi di nutrirci sulle carrube dei maiali.

Accendete la televisione, navigate in Internet, collegatevi a Facebook, ascoltate la musica, le pubblicità, le opinioni, guardate le immagini, e vedrete e sentirete tante grida di desiderio di accontentarvi delle bucce lasciate dagli immondi. animale. Non possiamo giudicare gli altri perché sappiamo bene che noi stessi abbiamo passato del tempo a curiosare in questi campi inquinati.

 Il figliol prodigo tornò in sé. Ha riconosciuto la realtà della sua situazione. Riconobbe ciò che aveva perso per colpa sua e che non meritava più di avere. Decise di tornare a casa di suo padre, senza chiedere nulla, implorando pietà e accettando con gratitudine quel poco che gli sarebbe stato dato. Questo momento di grazia è il motivo per cui la parabola è giustamente chiamata la parabola del figliol prodigo. È un momento di grazia, ma è anche un momento di cooperazione con la grazia. Ciò che avviene in questo momento nel cuore del figliol prodigo è sia opera della grazia di Dio sia opera del figliol prodigo che coopera con la grazia; lì sta la sua grandezza personale. Si allontana dall’irrealtà dell’illusione soggettiva che aveva perseguito ed entra nel mondo oggettivo della verità, cominciando dalla dolorosa verità su se stesso. La parte più dolorosa della sua confessione è che non merito più di essere chiamato tuo figlio. Tuttavia non cede alla disperazione, ma si rivolge con speranza al padre, chiedendo misericordia. Non esige misericordia, perché la misericordia richiesta non può essere misericordia. La misericordia può essere cercata, ma può essere ricevuta solo come un dono immeritato. Allora il Figliol Prodigo viene dal suo Padre Misericordioso; il Padre Misericordioso lo vede arrivare e gli corre incontro. Un’immagine vale più di mille parole e il famoso dipinto di Rembrandt, raffigurante il figliol prodigo, inginocchiato, vestito di stracci, miserabile che implora il perdono del padre, mentre suo padre lo abbraccia teneramente, mostrando sul suo volto tutto il dolore che aveva passato, soffrendo per la perdita di suo figlio, che era morto, ma ora è vivo, coglie questo momento meglio di qualsiasi descrizione verbale se non le semplici parole del Vangelo stesso. Nonostante tutta la tenerezza e il pathos di questo momento c’è qui una verità che dobbiamo cogliere, una verità che il fratello maggiore non è riuscito a cogliere, una verità che il prodigo non ha capito quando ha lasciato la casa di suo padre, una verità che facilmente ci sfugge , anche se spesso è sulle nostre labbra. Cosa ha perso il figliol prodigo quando se ne è andato? Che cosa ha avuto il figlio maggiore, ma non ha mai stimato? Erano figli del loro padre; tutto ciò che era suo apparteneva a loro. Questa è la grande verità nel nostro rapporto con Dio che sfugge alla nostra portata, che così facilmente ci sfugge come se fossero parole vuote e senza senso. San Pietro scrive delle preziose e grandissime promesse di Dio, affinché per mezzo di esse possiate sfuggire alla corruzione che è in questo mondo a causa della passione e diventare partecipi della natura divina. (2 Pt 1:4) Partecipi della natura divina, come un figlio partecipa della natura di suo padre. Per questo scrive san Giovanni: Ecco quale amore ci ha dato il Padre, affinché fossimo chiamati figli di Dio; e così siamo. (1 Gv 3,1) Questa è una realtà, non solo un titolo onorifico, come un dottorato honoris causa conferito da un’università. Questa è la realtà che ci è donata nel dono della grazia santificante con la quale lo Spirito Santo, da Gesù Cristo, ci trasforma dal di dentro facendoci veramente condividere la vita e la natura di Dio, come suoi stessi figli. Dio ha un Figlio solo nell’eternità, ma creandoci ha voluto che partecipassimo alla vita del Figlio suo. Questa è la realtà della grazia che è andata perduta per tutti noi quando il figlio prodigo originale, il nostro primo padre, Adamo, si allontanò da Dio attraverso il peccato. Questa è la realtà della grazia che il nuovo Adamo, Gesù Cristo, ci ha riconquistato attraverso la sua morte in Croce. Questa è la realtà della grazia, che ci è venuta nel battesimo, è stata rafforzata nella cresima, si nutre del Corpo e del Sangue di Cristo nella Santissima Eucaristia, e si rinnova in noi mediante il sacramento della Penitenza. Questa è la realtà che ci fa essere una nuova creazione in Cristo. Questo è il frutto della nostra riconciliazione con Dio, poiché non solo abbiamo i nostri peccati perdonati, ma siamo restaurati al nostro posto di figli nella casa del nostro Padre. Questa è la fonte della gioia solida e duratura, l’inizio della vita eterna.(Correlato: 3a domenica di Quaresima 2022 – Sermone di Padre Levine )