Pasqua 2023 – Sermone di padre Levine

Fr. Giuseppe Levine; Chiesa cattolica della Sacra Famiglia, Burns, Oregon e Missioni; 17 aprile 2022

Gesù Cristo è risorto corporalmente dai morti e la sua risurrezione, alla quale già partecipiamo mediante la fede e la vita nascosta della grazia, è per noi la promessa della vita eterna e della risurrezione del corpo.

È facile predicare la Croce perché questa è la nostra realtà presente; è difficile predicare la Resurrezione perché è molto al di là della nostra esperienza.

Sant’Agostino scrive: “Il tempo prima della Pasqua significa le difficoltà in cui viviamo qui e ora, mentre il tempo dopo la Pasqua… significa la felicità che sarà nostra in futuro. Ciò che commemoriamo prima della Pasqua è ciò che sperimentiamo in questa vita; ciò che celebriamo dopo la Pasqua indica qualcosa che ancora non possediamo. …questo è il significato dell’Alleluia che cantiamo.” (Discorso sui Salmi, 148)

La liturgia, la Messa, ci comunica la realtà sia della Croce che della Risurrezione.

La liturgia contiene sempre un elemento familiare e un elemento estraneo. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, pur con tutte le variazioni del tempo liturgico, il rito della Messa prescritto dalla Chiesa rimane fondamentalmente immutato. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno, dobbiamo imparare ad entrare più profondamente nella realtà, attraverso la Croce nella Risurrezione. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno, dobbiamo imparare ad abbracciare di nuovo la Croce e scoprire e imparare di nuovo a camminare nella novità della vita, la vita della grazia, la vita della Risurrezione. In questa vita dobbiamo diventare veramente ‘discepoli di Gesù Cristo’; discepoli, che significa ‘studenti’, ‘discenti’.

Quando Gesù risorse dai morti, risuscitò nello stesso corpo che fu crocifisso, ma non alla stessa vita mortale in cui camminò sulla terra. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui i suoi discepoli spesso avevano difficoltà a riconoscerlo dopo la sua risurrezione. (cfr Lc 24,16; Gv 20,15)

Da parte nostra, potremmo avere la tentazione di considerare Gesù risorto e la vita risorta come una mera continuazione della vita che ci è familiare. Dovremmo piuttosto prestare molta attenzione alle parole di Gesù a santa Maria Maddalena: Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre mio e Padre tuo, al Dio mio e Dio tuo. (Gv 20,17) E le parole di san Paolo: D’ora in poi non conosciamo più nessuno secondo la carne e, anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così; se dunque qualcuno è in Cristo, è una creazione nuova, le cose vecchie sono passate, ecco tutte le cose sono rinnovate. (2 Cor 5,16-17)

La risurrezione è sempre nuova e sconosciuta, e tuttavia allo stesso tempo è presente nella nostra vita e non riconosciuta, proprio come Gesù non fu riconosciuto dai suoi discepoli. Consideriamo qualcosa che ci viene mostrato visibilmente attraverso la liturgia della Settimana Santa e della Pasqua.

Innanzitutto le statue erano velate.

Le statue velate ci hanno parlato del carattere velato della dispensazione della fede, di questo tempo presente in cui camminiamo per fede, non per visione. (2 Cor 5,7) Così durante questa vita il mistero di Dio, la Santissima Trinità, è velato; il mistero della Risurrezione è velato; la realtà della vita della grazia è velata.

San Paolo scrive: Sei morto e la tua vita è nascosta con Cristo in Dio. (Col 3:3) C’è il velo. Aspettiamo con fede lo svelamento: quando apparirà Cristo, che è la nostra vita, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

Attraverso la liturgia, nella quale entriamo attraverso la Croce nella Risurrezione, c’è sempre questo gioco di velamento e svelamento, della realtà nascosta della fede e della partecipazione presente e reale a quella realtà nascosta.

Ora celebriamo la Pasqua e cantiamo “Alleluia”, professando la nostra fede nella risurrezione di Gesù Cristo e anticipando la rimozione finale dei veli.

Le statue sono state svelate. La Croce stessa è svelata: già vediamo la risurrezione nella Croce di Cristo; non onoreremmo la sua Croce se non fosse risorto dai morti. Le statue e le immagini dei santi sono state svelate: i santi sono coloro che sono stati santificati dalla morte e risurrezione di Cristo e che ora contemplano, a volti scoperti, il volto di Dio.

Nella Santa Eucaristia , il Corpo e il Sangue di Cristo sono velati dalle apparenze del pane e del vino, ma non celebreremmo la Santa Eucaristia se non nella fede della sua risurrezione ed è il suo Corpo vivo e glorificato che riceviamo nella santa comunione. Il fatto che la celebrazione della Messa continui per tanti secoli è di per sé un segno della realtà della Risurrezione. Quando Cristo verrà, il velo sarà sollevato e il sacramento non sarà più necessario al cospetto della realtà svelata.

Così anche la realtà permanente della Chiesa è segno della risurrezione perché, nonostante tante ferite autoinflitte, Cristo vive nella Chiesa, santificando i suoi membri, rendendoli partecipi della sua vita.

Noi non vediamo in questa vita la realtà della risurrezione, come vedevano gli Apostoli, ma vediamo e sperimentiamo gli effetti della Risurrezione. Ci circondano in molti modi, molti modi in cui la vita umana è cambiata dalla morte e risurrezione di Gesù Cristo, molti modi che siamo arrivati ​​a dare per scontati e quindi non percepiamo più la loro relazione con la risurrezione, proprio se non riuscissimo a percepire la dipendenza del mondo creato da Dio, il Creatore. Questa realtà velata della vita presente attende ora con impazienza la rivelazione dei figli di Dio. (Rm 8,19)

Il sepolcro vuoto della Pasqua e i teli sepolcrali di Gesù, che esistono ancora oggi, non solo testimoniano la realtà della risurrezione di Gesù Cristo, ma ci mostrano anche una realtà in attesa e in attesa dell’ingresso nella risurrezione finale , una realtà grande senza paragoni.

Ciò che occhio non ha visto, né orecchio udito, né è entrato nel cuore dell’uomo, ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano. (1 Cor 2:9)