5a domenica di Quaresima 2023 – Sermone di padre Levine
Fr. Giuseppe Levine; Chiesa cattolica della Sacra Famiglia, Burns, Oregon e Missioni; 3 aprile 2022
Nemmeno io ti condanno. Va’, e d’ora in poi non peccare più.
La settimana scorsa abbiamo sentito parlare della misericordia di Dio nella parabola del figliol prodigo e lo stesso tema continua nel racconto di oggi della donna sorpresa in adulterio. Insieme al tema comune della misericordia di Dio c’è la misericordia che dobbiamo mostrare verso il peccatore, non condannandolo (come il fratello maggiore del figliol prodigo o come i farisei condannavano l’adultera) ma rallegrandosi della sua conversione. C’è più gioia in cielo per un peccatore che si pente. (Lc 15,7)
Dobbiamo imparare a condividere questo atteggiamento di gioia celeste nella conversione del peccatore, ma poiché anche noi siamo peccatori, dobbiamo percorrere noi stessi la strada del pentimento e della conversione. Allo stesso modo devo prendere a cuore le ultime parole di nostro Signore alla donna sorpresa in adulterio. Va’, e d’ora in poi non peccare più.
Mi piace pensare che sia il figliol prodigo che la donna colta in adulterio abbiano imparato la lezione.
Il figliol prodigo, avendo recuperato il grande bene di essere figlio nella casa paterna, avendo finalmente imparato ad apprezzare quel bene, si preoccupò di non insultare mai più il padre, di non deluderlo mai più, di non uscire mai più dalla sua casa. Per noi è necessario ricordare e valorizzare il grande bene della grazia santificante, ricevuta innanzitutto nel battesimo, che ci fa essere veramente figli nella casa del Padre celeste, condividendo la vita del vero ed unigenito Figlio di Dio, Gesù Cristo, nostro Salvatore.
Per quanto riguarda la donna colta in adulterio, la combinazione dell’umiliazione vissuta quando fu trascinata fuori in pubblico, trascinata davanti a Gesù, poi difesa e perdonata da Gesù, deve aver avuto un grande impatto su di lei. Penso che abbia preso a cuore le sue ultime parole e abbia fatto attenzione a non ricadere nel peccato.
Ahimè, ho avuto la triste consapevolezza che le persone ricadono proprio in questo peccato.
Va’, e d’ora in poi non peccare più.
Qui le persone falliscono sia a causa della debolezza della carne, sia perché non riescono ad adottare le misure adeguate per cambiare la loro vita. Qui sono necessarie tre cose: evitare l’occasione del peccato, praticare la virtù e venire a condividere l’atteggiamento di san Paolo che considerava tutto come una perdita a causa del bene supremo della conoscenza di Cristo Gesù mio Signore.
La donna sorpresa in adulterio cominciò a conoscere Gesù Cristo quando egli le disse: Nemmeno io ti condanno. Acquisiamo una simile conoscenza di Lui ogni volta che facciamo una buona confessione e riceviamo l’assoluzione. Questo è un inizio. Dobbiamo allora andare e non peccare più, dimenticando il peccato che sta dietro e tendendo al bene che sta davanti a noi. In materia di peccati della carne, le persone sono spesso troppo gentili perché rompere con l’occasione del peccato significa rompere un’amicizia, significa evitare del tutto o, per quanto possibile, il precedente partner del peccato.
Dobbiamo considerare che in questa materia sono molto valide le parole di nostro Signore: Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via; è meglio che tu perda una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via; è meglio che tu perda una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada nella Geenna. (Mt 5,28-30)
Gesù parla qui della determinazione di cui abbiamo bisogno per eliminare ogni occasione di peccato, soprattutto in materia di peccati della carne. In questa materia, l’occasione del peccato è spesso una persona che deve essere eliminata dalla nostra vita. La gentilezza non è carità. No, non potete “semplicemente essere amici”. Quando un’altra persona ti induce al peccato, è carità anche verso quella persona allontanarla dalla tua vita.
Questo principio va oltre i semplici peccati della carne. I genitori sanno che devono tenere i propri figli lontani dai “cattivi compagni”, dalle “cattive influenze”. Queste influenze possono portare i bambini a cose come bere e drogarsi, oppure possono portarli a cattive idee e abitudini.
Da adulti, dobbiamo conoscere le nostre debolezze e prenderci cura di noi stessi allo stesso modo. Gesù pranzava con i peccatori, ma lo faceva per conquistarli alla giustizia e alla verità e non c’era pericolo che venisse corrotto da loro. Dobbiamo essere onesti con noi stessi: stiamo esercitando una buona influenza su un’altra persona, magari conquistandola a Cristo, oppure ci stiamo lasciando influenzare in modo negativo?
Ora, quando si tratta di peccati della carne, l’intermediario, l’“occasione del peccato”, oggigiorno è spesso un computer, un laptop, un tablet o un cellulare. Il solo pensiero dovrebbe riempirci – e spesso lo fa – di orrore o disgusto. Eppure, nonostante tutto il disprezzo che questi peccati causano, le persone hanno difficoltà a rompere con essi e uno dei motivi è la mancanza di determinazione a rompere con l’occasione del peccato. La dipendenza dal dispositivo elettronico è diventata occasione per una dipendenza molto peggiore, ma per rompere la dipendenza peggiore è necessario rompere la dipendenza dal dispositivo elettronico. Nella misura in cui il dispositivo elettronico resta necessario, è necessario accettare la supervisione e la responsabilità nel suo utilizzo.
Le persone ricadono nel peccato perché non riescono a evitare l’occasione del peccato, ma ricadono nel peccato anche perché non riescono a sviluppare una solida virtù. Il prete inglese del XIX secolo, p. Frederick Faber, scrisse della necessità di “una lunga e paziente perseveranza nelle pratiche umilianti della solida virtù”.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci insegna, in accordo con 2000 anni di Tradizione, “Una virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Permette a una persona non solo di compiere buone azioni, ma di dare il meglio di sé”. (CCC 1803) Attraverso il profeta Isaia Dio disse: Cessa di fare il male, impara a fare il bene. (Is 1,16-17) La vita familiare deve essere una scuola di virtù.
C’è una virtù in particolare che, soprattutto quando è fortificata dal timore del Signore, aiuta a preservarci dal male; la virtù della temperanza, che comprende la castità, la moderazione nel cibo, la sobrietà nel bere, ma anche la modestia nel vestire, nel parlare e nei modi. La temperanza è una virtù minore che è una precondizione per virtù maggiori. L’addestramento alla temperanza è una grande ragione della tradizionale disciplina quaresimale – ormai ridotta praticamente a nulla – del digiuno e dell’astinenza. Per dirla in modo molto semplice, dobbiamo imparare a non indulgere in noi stessi, a tenere a freno il nostro desiderio di godimenti piacevoli di ogni tipo, a rafforzare la nostra forza di volontà e quindi a dominare noi stessi. Senza la padronanza della temperanza difficilmente possiamo imparare a fare il bene.
Fare del bene agli altri, con costanza, non è facile. Qui dobbiamo imparare ad allenarci. Per fare del bene agli altri occorre anzitutto la virtù della giustizia, che è la volontà costante e perpetua di dare a ciascuno ciò che gli spetta. Poi dobbiamo acquisire le virtù con cui diamo il dovuto rispetto e obbedienza alle autorità legittime, con le quali siamo sinceri e discreti nel nostro parlare, affabili nella nostra interazione con gli altri, generosi con il nostro denaro e altri beni materiali, attenti al bisogni degli altri, premuroso, premuroso, paziente e indulgente. Non possiamo fare nulla di tutto ciò se non possediamo la virtù dell’umiltà che ci libera dalla preoccupazione per il nostro ego e ci consente anche di chiedere perdono e accettare correzione e guida. Abbiamo bisogno anche della prudenza che riconosce il momento e il luogo giusto e ciò che è opportuno per ogni occasione, che sa quale virtù praticare, quando e come. Né va trascurata la virtù della fortezza, il coraggio che è capace di superare ogni ostacolo e non si arrende di fronte al male. Senza questa schiera di virtù, non possiamo adempiere al comandamento del Signore di amare il nostro prossimo come noi stessi. Allo stesso tempo, quanto più ci impegniamo nella pratica di ciò che è vero, giusto e buono, tanto più la tentazione dei peccati più grossolani si allontanerà dall’orizzonte della nostra vita.
L’acquisizione della virtù richiede uno sforzo dedicato accompagnato da una preghiera insistente. Non dobbiamo contare sulle nostre forze ma chiedere a Dio l’aiuto di cui abbiamo bisogno per allontanarci dal male e praticare il bene. Dobbiamo anche rivolgerci ai santi, soprattutto Maria e Giuseppe, per guardare all’esempio di virtù che ci danno in tutte le circostanze e modi di vita, e chiedere la loro intercessione affinché possiamo crescere nelle virtù da loro esemplificate.
In tutto questo il grande motore, la forza motrice, il movente deve essere l’amore di Gesù Cristo. In ogni cosa dobbiamo cercare di conoscere Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria e da Lei inseparabile, presente a noi ora soprattutto nella Santa Eucaristia, nella Messa e nel tabernacolo. Una santa comunione devota e degna ci offre la più grande possibilità in questa vita per la conoscenza profonda e intima di Gesù Cristo.
Nella misura in cui conosciamo e amiamo Gesù Cristo, sarà facile per noi allontanarci dal peccato e praticare la virtù. L’amore più grande deve vincere gli amori minori che ci portano fuori strada. D’altra parte, se cerchiamo la virtù separatamente da Gesù Cristo, se cerchiamo la virtù con il nostro sforzo meramente umano e per i nostri obiettivi personali, potremmo realizzare qualcosa, ma alla fine andremo fuori strada e andremo in rovina; alla fine lo sforzo umano più nobile, senza la grazia di Dio, è soggetto a quella che potremmo chiamare la ‘legge spirituale della gravità’, ricade sulla terra.
La vita dei santi ci mostra la ricerca verso la meta, il premio della chiamata verso l’alto di Dio, in Cristo Gesù . Il resto della storia ci mostra la rovina e la distruzione lasciate da coloro che sono soggetti alla legge spirituale della gravità.
Cerchiamo allora di condividere le sofferenze di Cristo conformandoci alla sua morte, se possiamo in qualche modo giungere alla risurrezione dei morti . Continuiamo a dimenticare ciò che sta dietro e ad impegnarci verso ciò che sta davanti , perché attraverso il nostro battesimo Gesù Cristo ha preso possesso di noi e ci ha rivendicato come suoi.