Giovedì Santo 2023 – Sermone di Padre Levine

Fr. Giuseppe Levine; Chiesa cattolica della Sacra Famiglia, Burns, Oregon e Missioni; 14 aprile 2022

Prima della festa di Pasqua, Gesù sapeva che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre.

In quel momento, agì nella maniera più deliberata e consapevole, come dimostrazione del suo amore per i suoi nel mondo , non solo per i suoi in quel tempo e luogo, ma per tutti coloro che aveva previsto alla luce della sua divinità, in ogni tempo e luogo, anche quelli suoi, qui e ora nella chiesa cattolica della Sacra Famiglia a Burns. Egli ci vede ora, non solo dal suo trono in cielo alla destra del Padre, ci vede e ci conosce, ciascuno di noi, mentre si sdraia al tavolo con i suoi apostoli circa 2.000 anni fa.

In quel primo Giovedì Santo fece tre cose, simboleggiate dalla lavanda dei piedi ai suoi discepoli: istituì la Santa Eucaristia, sacramento del suo Corpo e del suo Sangue; istituì il sacerdozio per perpetuare la Santa Eucaristia, sacrificio, sacramento e presenza, attraverso tutte le generazioni fino alla fine dei tempi; e ci ha dato il suo nuovo comandamento, di amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati. (cfr Mt 28,20; Gv 13,34) Ha lavato i piedi ai primi sacerdoti, preparando loro e i loro successori lungo i secoli al loro ministero di servizio e nella santa Eucaristia si è abbassato davanti a noi ancor più di quando ha lavato i piedi agli Apostoli, donandoci insieme l’esempio supremo simboleggiato da quella lavanda dei piedi, l’esempio che serve da norma al suo comandamento, come io ti ho amato. (Gv 13,34) Tutto questo lo ha fatto nell’intima cena pasquale con i suoi Apostoli, assumendo il ruolo del padre di famiglia, cogliendo il momento culminante del rito ebraico, con tutta la sua memoria e il suo significato, portandolo a compimento e trasformandolo con il suo potere divino. (cfr Mt 26,17.20)

La Pasqua fu istituita quando il popolo d’Israele era ancora schiavo in Egitto, dopo che il faraone aveva indurito il suo cuore, rifiutandosi di lasciare che gli israeliti andassero nel deserto per adorare Dio, nonostante avessero già subito una serie di nove piaghe. La Pasqua fu istituita dopo che Mosè annunciò la piaga finale, la morte dei primogeniti degli egiziani, facendo una distinzione tra israeliti ed egiziani: contro il popolo d’Israele, sia uomo che bestia, nessun cane ringhierà; affinché sappiate che il Signore fa una distinzione tra gli Egiziani e gli Israeliti . (Es 11:7)

Eppure, con un misterioso decreto, Dio fece dipendere la salvezza degli Israeliti dalla celebrazione della Pasqua, poiché l’angelo distruttore risparmiò solo quelle case che erano segnate dal sangue dell’agnello, solo quelle case in cui si celebrava la Pasqua.

Il rito della Pasqua è servito così, nella sua stessa istituzione, a proteggere il popolo d’Israele e, con la sua perpetuazione, a ricordare, in un solenne atto di ringraziamento a Dio, la liberazione una volta compiuta, alimentando allo stesso tempo la speranza nella Il continuo provvedimento di Dio per il suo popolo. Nel corso della storia, la celebrazione della Pasqua ha raccolto in sé tutti i ricordi e le speranze del popolo ebraico nel suo rapporto con Dio. È diventato anche un simbolo profetico per ogni futura liberazione, soprattutto per la salvezza definitiva che verrà attraverso il Sangue di Gesù Cristo, l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo.

Nella notte in cui fu tradito, Gesù istituì la nuova Pasqua nel suo Sangue, mettendo in moto gli eventi che avrebbero portato alla sua morte vivificante sulla Croce, spiegando il significato della sua morte come sacrificio del vero Agnello pasquale, e lasciando a la sua Chiesa un sacrificio perpetuo, un memoriale perpetuo, un rendimento di grazie perpetuo, che, contenendo il suo vero Corpo e Sangue, è tutt’uno con il suo proprio sacrificio, donato a noi per offrirlo sempre di nuovo. Ora, ovunque sia stata celebrata nel corso dei secoli, la Messa assume sempre in sé tutta la storia del nuovo popolo di Dio, la Chiesa, e la offre a Dio, insieme a tutta la nostra memoria e a tutte le nostre speranze.

Gesù fu offerto come il vero Agnello pasquale che era, un maschio di un anno senza macchia , il che significa che fu offerto senza peccato, avendo raggiunto la maturità e la perfezione come uomo, senza soffrire né la debolezza dell’infanzia né la condizione decrepita della vecchiaia, ma nel fiore degli anni e nella perfezione della sua forza. Prima che i nostri peccati rovinassero la bellezza del suo volto, raggiunse la perfezione dell’uomo nel corpo e nella mente.

Si poteva offrire in sacrificio sia una pecora che un capro, la pecora per l’innocenza di Cristo, obbediente fino alla morte, anche alla morte di croce; (Fil 2,8) il capro perché ha preso su di sé i nostri peccati, offrendo la sua vita in espiazione del peccato. (cfr Lv 16,5)

La Pasqua ebraica veniva sacrificata nel Tempio ma mangiata in famiglia, nel focolare domestico. Gesù, quando istituì la Santa Eucaristia, sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, celebrò la Pasqua con i dodici Apostoli, che stabilì come sua famiglia, suo domestico. Ora, ogni Chiesa in cui si celebra la Santa Eucaristia diventa sia il Tempio in cui viene offerto il Sangue di Cristo, sia la Casa in cui si mangia l’Agnello nella santa comunione.

Come solo coloro che hanno mangiato la Pasqua in Egitto e sono rimasti nella casa hanno partecipato alla grande salvezza che Dio ha operato a favore del suo popolo, così solo coloro che perseverano nella ‘Casa’ che è la Chiesa e mangiano la Pasqua, che è il Corpo e il Sangue di Cristo, sarà salvato.

Gesù disse: In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete la vita in voi; chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. (Gv 6,52-54)

Qui bisogna distinguere tra sacramento e realtà. Il modo normale di partecipare alla realtà è ricevere il sacramento, che è un segno visibile che contiene e comunica la realtà del Corpo e del Sangue di Cristo. Ci sono però due modi di ricevere il sacramento: come Giuda, che prese il segno in modo falso, rifiutando e agendo contro la realtà; o come gli altri Apostoli che hanno ricevuto sia sacramento che realtà. Ci sono anche coloro che per qualsiasi motivo non possono prendere il sacramento, ma nella misericordia di Dio raggiungono la realtà mediante la fede operando attraverso la carità. (cfr Gal 5,6)

Secondo le parole della sequenza del Corpus Domini, composta da San Tommaso d’Aquino, “Sia i malvagi che i buoni mangiano di questo Cibo celeste: ma con fini quanto opposti! Di questo Pane sostanzialissimo si cibano fino alla vita e alla morte, in una differenza infinita”. (Sequenza, Lauda Sion)

Così ci mette in guardia san Paolo, subito dopo aver raccontato l’istituzione del sacramento nell’Ultima Cena con le parole che abbiamo appena ascoltato nella seconda lettura di oggi: Chiunque mangia il pane o beve il calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole di profanando il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno esamini se stesso e poi mangi… (1 Cor 11,27-28)

Nel corso della storia e anche oggi le chiese sono state violentemente assalite nel bel mezzo della celebrazione della Messa, i fedeli sono stati sgozzati, il loro sangue sparso sia nella navata che nel santuario, tuttavia l’angelo distruttore passa oltre e risparmia per la vita eterna. coloro che sono veramente segnati dal Sangue dell’Agnello, che hanno comunione con il Corpo di Cristo non in apparenza, ma nella realtà. Questo sacramento è sempre giudizio contro il mondo e salvezza per i fedeli; il Signore sa quali sono i suoi. (2 Tim 2:19)

Sia la Pasqua originale in Egitto che l’Ultima Cena hanno avuto luogo in mezzo al pericolo. Il libro della Sapienza ci dice: In segreto i santi figli degli uomini buoni offrivano sacrifici e di comune accordo accettavano la legge divina secondo cui i santi avrebbero condiviso le stesse cose, sia i beni che i pericoli. (Sap 18,9)

Gli uomini che sono stati insieme in combattimento, tanto che le loro vite dipendevano l’uno dall’altro in modo molto reale e immediato, sviluppano un legame molto speciale. Il vincolo di amore cristiano che sta alla base del comandamento nuovo, dovrebbe essere simile e ancora più speciale, solo che non è in gioco la nostra vita in questo mondo, ma la nostra salvezza eterna.

Quando riceviamo la comunione condividiamo la stessa benedizione, non semplici parole d’amore, ma l’amore sostanziale del Corpo di Cristo, dato per noi, e ci impegniamo a Cristo nostro Re e alla fratellanza della guerra cristiana, il combattimento spirituale non contro la carne e il sangue, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori del mondo di queste attuali tenebre, contro le schiere spirituali della malvagità nei luoghi celesti. (Ef 6:12)

Gli Apostoli, infatti, lasciarono l’Ultima Cena con Gesù e si recarono nell’orto del Getsemani, dove egli li supplicò di tenergli compagnia, di vigilare e di pregare per non entrare in tentazione. (cfr Mt 26,38.41) Sappiamo che hanno fallito, ma ora che Cristo è morto, risorto dai morti e ci ha dato il dono del suo Santo Spirito, ci chiama – non perché siamo migliori, perché non lo siamo: riuscire dove loro hanno fallito. Per questo passiamo da questa Messa ad una veglia di preghiera insieme in compagnia del Signore. San Pietro, dopo essersi ripreso dalla caduta ed essere stato perdonato dal Signore, ci scrive che dobbiamo resistere al diavolo, saldi nella fede, sapendo che la stessa esperienza di sofferenza è richiesta alla vostra fraternità sparsa nel mondo. (1 Pietro 5:9)

Nell’unità del Corpo di Cristo, siamo tutti insieme; quando una persona vacilla, quando una persona inciampa e cade, soffriamo tutti; quando una persona rimane forte e fedele, siamo tutti rafforzati e incoraggiati. In questo senso, scrive san Paolo, portate i pesi gli uni degli altri e così adempite la legge di Cristo. (Gal 6,2)

Ecco come lo mangerai: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano, mangerai come quelli che sono in fuga.

Questa è la Pasqua del Signore e noi siamo in fuga con Lui, da questo mondo al Padre.